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Con questo post sto pagando un debito.

Non sono religiosa in senso stretto ma l?aspetto metaforico della religione mi appartiene.

La storia di Abramo che è chiamato a sacrificare Isacco unico figlio.

Io lo sto facendo ora.

Io Abramo sacrifico una parte di me, la più preziosa, quella da me stessa generata con tanto sacrificio.

Qualche tempo fa nel mio mantra quotidiano appariva la frase ?senza paura e senza vergogna?.

Con la paura sono spesso uscita allo scoperto. Sicuramente delle due sorellastre è la più presentabile.

In un certo senso è popolare avere paura.

Chi ha paura è debole e oppresso e questo tipo di persona piace alla gente.

Fa compassione e non ti mette in difficoltà.

Ti piace identificarti e non è una minaccia.

La vittima è il miglior personaggio da interpretare, ne so? qualcosa.

Ma a questo sto riuniciando e mi piace.

L?altra sorellastra, la vergogna è più rognosa?

Lei è la vera bestia nera.

Perché di solito, se ti vergogni di qualcosa, automaticamente appari come uno che ha qualcosa da nascondere.

Porta alla diffidenza, allo stare in guardia.

Attento, non ti fidare.

È un personaggio difficile, impopolare, sporco.

 

Ed è lui/lei che oggi accompagno qui sul palcoscenico insieme a me.

Sto pagando il prezzo che sapevo di dover pagare quando ho scelto di uscire dalla porta che tanto tempo mi ha separato dal fuori di me.

 

Il prezzo è far vedere quello che non accetto. Che mi imbarazza, che mi mette in difficoltà.

Parlarne in questo caso?

 

La mia vergogna ha una faccia, due braccia, due gambe.

Una schiena storta, dei denti storti, delle movenze buffe, un?armatura innaturale.

La mia vergogna è il mio corpo.

Per tanto tempo la mia vergogna è stato il suo aspetto e in parte, nelle profonde profondità di me lo è ancora.

Ora però che ci ho fatto un po?amicizia e un po? pace, mi è rimasto uno scalino alto da salire: il modo in cui si muove.

Lui si muove strano. Perché quello che c?è dentro, che abita dentro di lui, dentro di me, ha un?idea diversa del movimento, ma quando prova a convincerlo ad esprimerlo, il mio corpo non capisce.

Si muove a scatti, zoppicante e rigido. Sono buffa.

Sono strana.

Mi vergogno.

Allora evito.

Riduco al minimo i movimenti, quelli spontanei.

I miei movimenti spontanei sono strani, mi imbarazzano.

È per questo che non corro, che non salto, che non ballo, se c?è qualcuno con me che non siano gatti o bambini.

Ma oggi è successo qualcosa che non credevo possibile.

Il mio corpo si è mosso da solo.

Anzi, non credo che fosse lui a muoversi. Qualcosa lo ha spinto.

Non un?emozione o una sensazione, qualcosa di più solido ma invisibile.

Non credo che potrei spiegarlo, ma la cosa che più mi ha colpito è stato il fatto che io glielo ho lasciato fare anche se non ero da sola.

Quello che mi stava succedendo era talmente magico che ho deciso di lasciarlo fare.

Non mi è importato più se ero strana, buffa se mi muovevo a scatti se potevo far ridere?

Se qualcuno era lì, e mi vedeva. Sapevo che avrebbe potuto ridere, giudicarmi, correggermi, non lo so...

 

Quello che succedeva era oltre me, anche se era ?me?.

Non serve spiegare ciò che è successo, ma come io l?ho vissuto sì.

Serve a me. Serve al mio corpo, serve alla sorellastra Vergogna che oggi va in scena.

Il mio debito lo inizio a pagare qui, adesso.

Mi metto a nudo, un po? di più, come in una specie di Strip Poker con la vita.

Sono sicura che questo piccolo grande passo mi sta portando un po? più avanti e un po? più fuori, dove qualcosa di nuovo mi aspetta? sono curiosa di scoprire cosa!